PSICOSOMATICA UNA RISPOSTA DALL’IMMAGINARIO

Prefazione di Massimo Pagani – Ordinario di Medicina Interna – Università degli Studi di Milano.

Ci sono molti modi di leggere un libro. Un trattato, delle novelle, un giallo, un libro di viaggi, un romanzo, un libro di guerra o d’avventura richiedono un diverso stato d’animo, un diverso ambiente o compagnia. Molti amano circondarsi di una musica che possa ricreare un ambiente ricco di sensazioni, altri prediligono il silenzio o i luoghi affollati. Ma quasi sempre la lettura evoca un luogo noto. Molto più rari e preziosi sono i libri che, partendo dal noto, ci accompagnano nel nuovo, nell’inesplorato.

E’ stata questa, per me, la più forte sensazione, nel leggere il “Libro sul linguaggio del corpo”. Partendo dal noto della sofferenza e del disagio quotidiano, Rocca e Stendoro da subito ci introducono con grande maestria nel mondo del rilassamento, dell’associazione “immaginativo-creativa”, seguendo l’invito a “sospendere attenzione-giudizio”.

Nello spazio che si crea il paziente, anche, in fondo, chi legge, è invitato a rendersi “disponibile all’insolito” in modo da poter riconoscere “pezzi…. della sua storia”. Facendo un parco ricorso a richiami teorici riguardanti l’immaginario nell’ambito della psicologia clinica, il testo rappresenta una stimolante introduzione alla evolvente rappresentazione della relazione “tra funzione somatica e problemi psicologici”.

La Procedura Immaginativa ci fa conoscere molti esploratori-pazienti di questo spazio-viaggio che inizia dall’incontro tra “il malessere biologico e il malessere esistenziale”. Particolarmente vicino alla mia storia professionale è lo squarcio sullo stress della spazialità emozionale, come di particolare forza è il richiamo ad un organismo fatto di “corpo e immagine mentale del sè corporeo”. Nel contesto proposto, la P.I. (Procedura Immaginativa) influenza il processo di cura utilizzando “quelle forze dell’organismo che possono infondere vigore e coraggio…. all’ Io” in una sorta di visione ippocratica, per cui malattia è “peggiorare le condizioni di equilibrio strutturale della persona”.
E’ impossibile riassumere la ricca e avvincente esemplificazione clinica. Il lettore troverà nell’ampia casistica opportunità anche per riverberi personali, nell’ottica che “il paziente prende coscienza della propria esistenza, sempre in rapporto all’esistenza di un altro”.

Arricchiscono il testo notazioni specifiche alla relazione tra immaginario e risposta immunitaria, con gli ovvi richiami alle implicazioni sulle patologie croniche. Il motivo conduttore del “corpo portatore di messaggi” così che esso comunica la sofferenza a noi che (se attenti) ascoltiamo, ci offre una nuova lettura del nostro”star male”. La ricca casistica delle relazioni nella storicità della famiglia e degli inizi, non tralascia il richiamo al concreto della  “parcella dimenticata”.
Ma al disopra di tutto sta “il piano per raggiungere l’equilibrio tra corpo, mente e spirito” base di ogni esperienza di vivere. Toccando brevemente anche problemi complessi, il testo evoca verso la fine il ruolo delle “forze curative dinamiche”, nel contesto di un tradizionale ricorso catartico all’uso della verità, malgrado la facile  rabbia  e il dolore che ne possono scaturire. Al termine del viaggio, la nuova “conoscenza”, ivi inclusa la spontaneità emotiva dell’analista, permette all’analizzato, e a noi che silenti lo accompagniamo tramite la lettura, di alzarsi ed uscire “dallo studio”, per “imparare a camminare insieme”.

Rocca e Stendoro chiudono, quindi, il loro lavoro invitandoci “ad animare con immediatezza le cose che ci circondano nella vita di ogni giorno”. Questo augurio-obiettivo è anche il mio, di medico del corpo,  internista, tuttavia consapevole dell’importanza del continuo dialogo tra corpo, mente e spirito nella ricerca della salute. In questo viaggio la P.I., come viene raccontata da Rocca e Stendoro, rappresenta un innovativo strumento che molti vorranno sperimentare.


Recensioni

Francesca Ortu

L’agile volume di Renzo Rocco e Giorgio Stendoro presenta, accompagnandolo da un ricco materiale clinico, un originale approccio terapeutico – la Procedura immaginativa – e ne esemplifica l’utilità nel trattamento dei disturbi psicosomatici, La tecnica, che, basandosi sull’induzione di uno stato di rilassamento, mira a colmare “il misterioso salto fra il corpo e la mente”, per dirla con Freud, o, per citare i due autori per ridurre lo iato “fra funzione somatica e problemi psicologici” viene utilizzata per guidare il paziente verso una nuova conoscenza del proprio corpo, inteso alla stregua di un “portatore di messaggi”, aiutandolo inoltre a cogliere “le vicissitudini del proprio immaginario” e a favorire quel dialogo “umanizzante con lo psicoterapeuta” che lo porterà a “prendere coscienza della propria esistenza, sempre in rapporto con l’esistenza con l’atro”.
Dopo una breve introduzione, in cui viene presentata la metodologia e chiarita la “sintassi” utilizzata, i diversi capitoli scandiscono le tappe del viaggio terapeutico – è questa la metafora utilizzata dagli autori –  verso “una nuova conoscenza” e  verso la costruzione “di un nuovo piano per raggiungere l’equilibrio fra corpo, mente e spirito”.
La tecnica della Procedura immaginativa si presenta così come uno strumento duttile e di particolare utilità per creare fra paziente e terapeuta un clima di condivisione emotiva che permette la ricostruzione del Sé e la “riconcettualizzazione del corpo come oggetto immaginativo e di verità”.
Le tecniche a cui la procedura immaginativa ricorre per favorire l’immersione del paziente nel suo mondo mentale, immaginativo, spaziano da quelle da sempre utilizzate nel trattamento psicoanalitico – libere associazioni, interpretazione dei sogni, dando particolare rilievo a tutti quegli elementi che suggeriscono una rottura fra mente e corpo e un difetto di mentalizzazione e di mancanza di contatto con le proprie emozioni – a procedure, che in alcuni casi modificano il livello di coscienza del paziente, volte a stimolare l’emergere del flusso di associazioni e di espressioni emotive.
Queste tecniche, che potremmo definire di tipo espressivo, sono poi accompagnate da una serie di interventi che hanno lo scopo di responsabilizzare il paziente aiutandolo ad affrontare nella realtà esterna “le situazioni della sua via attuale”. Gli autori – che spaziano da W. Reich a Bion, da D. Winnicott  a H. Kohut,  dalla prospettiva psicosomatica francese a quella intersoggettiva nordamericana, dandone una reinterpretazione (alla Winnicott potremmo dire) molto personale – utilizzano i propri riferimenti teorici per disegnare uno sfondo su cui si agitano le non facili vicende della ricostruzione – o in alcuni casi della costruzione – della capacità di mentalizzare, di entrare in contatto con le proprie emozioni e con l’altro, di trasformare la concretezza del corpo e dei sintomi somatici in elementi pensabili.
Si veda ad esempio il primo capitolo in viene illustrata – sulla base di un dettagliato materiale clinico – la  complessa e complicata trasformazione di “risposte fisiologiche, vissute come estranee a sé,  in aggressività matura” capace di ridurre la “rabbia” contro il corpo considerata dagli autori responsabile dell’insorgere della malattia somatica.
Particolare attenzione viene inoltre rivolta – e gli esempi clinici che accompagnano la presentazione dei diversi casi lo esemplificano – al problema del “timing” dello “smascheramento del movimento transferale negativo” sottolineando la necessità di esercitare una particolare attenzione per evitare di “ritraumatizzare il paziente” rompendo il clima empatico dell’”essere con l’altro” che rappresenta il tessuto su cui si costruisce la relazione paziente- analista.
Le vicende transferali e controtransferali vengono lette alla luce della capacità del terapeuta di  essere emotivamente spontaneo e della capacità che il paziente va gradualmente acquisendo di  entrare in contatto con le proprie emozioni, trasformandole, per dirla con Bion, in elementi pensabili, non più oggetti bizzarri, concreti, legati ad aspetti esterni privi di significato ma elementi fondamentali della propria mente e della esperienza di sé.
Un testo originale, quindi, che prendendo spunto dal problema dei disturbi psicosomatici affronta il problema, più generale, della rottura della esperienza di sé, e che potrà interessare chi, come terapeuta, si avvicina quotidianamente alla sofferenza mentale.

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