La balbuzie è una turba del flusso verbale: si tratta pertanto di un capitolo particolare delle disfluenze della parola. L’eseguire una catena finalizzata e coordinata di atti motori (o prassia) è abilità dipendente da molti fattori i principali dei quali sono da attribuirsi alle strutture ed alle funzioni del sistema nervoso extrapiramidale e, topograficamente, del cervello intermedio (mesencefalo, diencefalo, archipallio e paleopallio). Il parlare fluente è abilità che si conquista gradualmente non prima del terzo anno di vita e che si può perdere momentaneamente per ragioni fisiologiche o fisiopatologiche oppure che, anche in modo definitivo, può non essere raggiunta o ristabilita per fatti patologici; il confine fra disfluenze fisiologiche e patologiche è molto labile ed incerto.
La balbuzie è un capitolo disomogeneo di diverse disfluenze possibili che compaiono di norma dopo i 6-7 anni (prima, per accordo internazionale, si parla solo di disfluenze) e comunque sia in età evolutiva, che in età adulta o senile: è definita come disfluenza caratterizzata da ripetizione o prolungamenti di fonemi o di sillabe o di pause tese uditivamente o visivamente rilevabili (condizione necessaria ma non sufficiente) accompagnata da disagio emotivo o sentimento negativo. Tale definizione tassonomica e patologicamente concettuale, astratta va calata sul piano clinico nella realtà del paziente o dell’individuo; sicchè il soggetto balbuziente è, la persona che ha balbuzie, come sopra definito, in un contesto organico, funzionale, emotivo, sociale particolare con connotazioni o denotazioni fisiologiche e patologiche particolari.
Si vuole concordare che genesi e sviluppo della balbuzie avvengano, di massimo secondo la schema della fig.1
Fig. 1 Genesi ed evoluzione della balbuzie
Pur con notevoli difficoltà è possibile indagare con mezzi adeguati sulle componenti della filiera della Fig. 1, in particolare:
- A. L’evoluzione delle tecniche di analisi cromosomica e l’individuazione di loci che potrebbero sostenere la balbuzie, già in parte individuati, fanno pensare che in un futuro prossimo si possano ottenere informazioni precise su questo settore
- B. L’anamnesi ed in particolare le tecniche di imaging (TAC, RM, PET) encefaliche possono illuminare su lesioni acquisite
- C. L’anamnesi può indagare se vi siano stati eventi traumatici acuti organici (ad es. incidenti stradali) o evolutivi (ad es. lutto per persona molto vicina).
- D. L’anamnesi e tecniche particolari specie appartenenti alle professionalità psicologiche/psichiatriche sono in grado di approfondire il capitolo.
- E. L’anamnesi dei sintomi di disfluenza primari, secondari, correlati (alcune decine) sono essenziali per la valutazione ; la base line delle disfluenze ed il loro monitoraggio e per una pianificazione rimediativa
- F. Le tecniche comportamentali posseggono gli strumenti idonei per valutare la sequenza dei condizionamenti
Per quanto concerne la rimediazione:
- A. Una farmacoterapia mirata e l’ingegneria genetica offrono uno scenario futuribile
- B. Le lesioni organiche eventualmente riscontrate non possono venire manipolate anche perché sono di tipo esitale
- C e D Tecniche psicodinamiche, comportamentali, farmacologiche minore possono intervenire nel settore più o meno associate a modalità
– di rilassamento
– di rinforzo generale dell’io corporeo
– respiratorie
– articolatorie - E. Esistono modalità di gestire il sintomo disfluenza
- F. Le tecniche comportamentali di decondizionamento, ricondizionamento, role playing, gestione collettiva offrono formale sistema di rimediazione
Gabriel Levi (Ordinario Neuropsichiatria Infantile Università La Sapienza di Roma)
Francesca Mercanti (Medico Chirurgo)
Balbuzie e presa di coscienza
La balbuzie è un disturbo frequente in età evolutiva in quanto interessa oltre il 4% dei bambini in forma più o meno transitoria, mentre meno dell’1% dei bambini manifesta il disturbo in forma cronica, con permanenza in età adulta. La balbuzie non insorge prima che il bambino abbia acquisito un certo grado di complessità linguistica, infatti la balbuzie non è un disturbo del linguaggio ma un disturbo che coinvolge la presa di coscienza dell’attività verbale (Levi G., 1978).
Tutti i bambini piccoli presentano lievi disfluenze verbali e disritmie caratteristiche, soprattutto nell’età in cui cominciano ad anticipare col pensiero ciò che vogliono dire.
Nella progressiva accentuazione di queste prime disfluenze e nel loro passaggio verso le balbuzie precoci ( di solito fra i 3 ed i 4 anni ) la presa di coscienza sulla propria attività verbale si sviluppa in conflitto con la genesi dei comportamenti motori intenzionali, della comunicazione interiorizzata e della simbolizzazione verbale. In particolare ciò sembra essere legato ad una difficoltà specifica nel mantenere un rapporto economico tra controllo automatico e controllo volontario della produzione verbale. Tale difficoltà riguarda sia la fase di ideazione del linguaggio sia la fase di realizzazione motoria.
L’evoluzione clinica verso la balbuzie precoce cronicizzata dipende da diversi fattori: a) dalle interferenze degli adulti sulla comunicazione verbale spontanea del bambino; queste interferenze accentuano il conflitto tra controllo automatico e controllo volontario sulla produzione verbale del bambino che sta diventando balbuziente; b) dalla progressiva diffusione di questo processo di discontrollo automatico – volontario, che prima coinvolge soltanto l’attività verbale, e quindi si può estendere anche ad altre attività motorie e/o alle attività di comunicazione in generale.
Il bambino balbuziente “cronicizzato” vive una profonda consapevolezza del disturbo; spesso attorno al sintomo si costruiscono complesse dinamiche conflittuali, tanto da determinare molto spesso una importante limitazione sociale. La personalità del balbuziente letteralmente si costruisce attorno alla balbuzie e questo fatto può diventare il problema clinico più importante.
Nelle balbuzie ad insorgenza tardiva (la fascia di età in cui emerge la maggior parte di queste segnalazioni è tra gli 8 ed i 12 anni) si creano dei meccanismi analoghi di discontrollo automatico – volontario, ma in un terreno più complesso di vulnerabilità, sia neurologica sia psicopatologica. Il bambino che sviluppa una balbuzie tardiva presenta: a) delle difficoltà generali nei processi di presa di coscienza ( destrezza e coordinazione, prassie esecutive, planning e problem solving) che si focalizzano specificamente sul rapporto tra pensiero verbale e linguaggio; b) delle difficoltà psicologiche relazionali nel decidere quello che vuole dire, come espressione dei suoi sentimenti e come espressione delle sue intenzioni. Su ambedue i piani la balbuzie tardiva si sviluppa come una specie di “disturbo psicosomatico del dubbio”.
Tale modello patogenetico trova conferme in alcuni studi di letteratura.
Secondo Bloodstein la balbuzie è un problema che si manifesta quando un parlatore si concepisce come balbuziente, incapace di parlare, ed in questo modo anticipa la propria balbuzie (Bloodstein O, 2001). Tale consapevolezza è massima nel balbuziente persistente e nel momento che precede il disturbo si realizza una “lotta anticipatoria” che induce una tensione progressiva motoria e psicologica responsabile della disfluenza.
E’ interessante inoltre il riscontro di una correlazione positiva tra balbuzie e consapevolezza metalinguistica. In particolare i non balbuzienti sono risultati avere una migliore prestazione nell’individuazione di frasi sintatticamente e semanticamente non corrette rispetto ai balbuzienti (Bajai A et al., 2004). Questo dato dimostra un’esitazione di base, presente nella consapevolezza linguistica dei soggetti con balbuzie.
Infine si è osservato che i balbuzienti bambini producono meno verbi rispetto ai pari (Wagovich SA e Bernstein Ratner N, 2007). Tale dato andrebbe confermato ed approfondito in quanto l’acquisizione del vocabolario verbo è cruciale per l’individuazione di difficoltà del linguaggio che potrebbero essere sottostanti la balbuzie, specie nei balbuzienti precoci.
In base al modello patogenetico proposto ha un senso studiare la balbuzie rispetto alle fasi di insorgenza e/o quando avviene di cronicizzazione.
Nei balbuzienti precoci è interessante il modo di parlare indipendentemente dalla balbuzie: parlano poco, con resistenze, tendono a parlare velocemente, con molte interruzioni e pause respiratorie disritmiche. Presentano molte ripetizioni e aggiustamenti di significato. Le balbuzie interessano principalmente l’inizio della comunicazione. Si nota una certa difficoltà soprattutto nel programmare la frase, il bambino è tutto impegnato a pensare le cose da dire. Tali balbuzienti sembrano quindi avere importanti esitazioni ideative e verbali, più spiccate rispetto ai pari, nella maggior parte dei casi comunque transitorie. I disturbi associati sono principalmente enuresi, encopresi, difficoltà di addormentamento.
I balbuzienti cronici hanno una notevolissima presa di coscienza delle proprie attività verbali e capacità di rappresentarsi il sintomo. Generalmente sanno in anticipo il momento in cui balbetteranno e mettono in atto strategie quali l’evitamento di alcuni fonemi, l’attivazione di iper-mimie e sincinesie. Inizialmente il bambino volontarizza certi movimenti simil-ticcosi, che con il tempo si automatizzano all’interno della balbuzie. Tali balbuzienti presentano con molta evidenza il conflitto tra automatizzazione e volontarizzazione. La balbuzie presenta alcuni tratti tipici: si possono riscontrare alterazioni del flusso fonico delle vocali e del tono della voce che può divenire belante, balbuzie posteriori con blocco delle nasali e gutturali che si alternano a colpi di glottide, disritmie respiratorie quasi costantemente presenti anche al di fuori della balbuzie. Tra i disturbi più frequentemente associati una seria nevrosi d’ansia con spunti ipocondriaci e movimenti pseudoticcosi.
Nei balbuzienti tardivi, il cui esordio è generalmente riferito come improvviso e legato a qualche avvenimento negativo della vita familiare, la balbuzie può associarsi a momenti di smarrimento in cui il bambino non riesce a ricordarsi alcune parole e perde il filo del discorso. I conflitti di comunicazione che caratterizzano questo gruppo sono quindi collegati anche a disturbi del pensiero. Non sono messe in atto particolari strategie di evitamento. Tra i disturbi associati sono presenti elementi caratteriali di tipo ossessivo fino a sintomi simil-ossessivi.
In tutti e tre i casi la presa di coscienza dell’attività verbale è vulnerabile e viene in qualche modo alterata la normale rete funzionale tra programmazione articolatoria, intenzione verbale e comunicazione.
E’ interessante considerare il parallelismo tra balbuzie e tics, al fine di meglio caratterizzare la genesi dei due disturbi. Tale parallelismo si può rintracciare a livello patogenetico, clinico e terapeutico. Entrambi i disturbi sarebbero riconducibili alla estensione del discontrollo automatico – volontario che interessa progressivamente l’attività verbale, l’attività motoria e la comunicazione. A livello clinico è frequente la compresenza di balbuzie e tics, specie nei balbuzienti inveterati nella fase di stabilizzazione della balbuzie. In particolare numerosi studi hanno evidenziato la associazione tra balbuzie e Sindrome di Gilles de la Tourette (Abwender et al, 1998 e Mulligan et al, 2003). Tale sindrome generalmente si manifesta con tics motori semplici e complessi, a cui seguono tics fonici (es. schiarimenti di voce) e sintomi vocali più complessi (ecolalia, palilalia, coprolalia) variamente associati a cambiamenti nel ritmo e nel tono dell’eloquio, e frequentemente a comportamenti distruttivi ed isolamento sociale. E’ quindi evidente, così come nella balbuzie, il coinvolgimento progressivo della presa di coscienza di attività differenti. Anche nella Sindrome di Tourette molti bambini ed adolescenti riferiscono di avere un certo grado di consapevolezza dell’urgenza premonitoria che precede il manifestarsi della sintomatologia ticcosa, analogamente alla lotta anticipatoria del balbuziente. Inoltre sia nella balbuzie sia nel disturbo da tic fattori psicologici quali ansia e stress giocano un ruolo nell’estrinsecarsi del disturbo. Il parallelismo tra balbuzie e tics trova ulteriore conforto nell’efficacia del trattamento farmacologico: farmaci come carbamazepina, clonidina, pimozide, aloperidolo, generalmente utilizzati nel disturbo da tic, inducono anche un significativo miglioramento della balbuzie associata.
L’approccio terapeutico è differente a seconda del diverso tipo di balbuzie. E’ quindi indispensabile un’attenta valutazione volta ad individuare differenze in relazione al modo di balbettare, alle strategie messe in atto per controllare la balbuzie, al modo di parlare indipendentemente dalla balbuzie, alla fascia d’età considerata, al tempo di insorgenza, all’evoluzione clinica.
Le possibili linee di intervento possono essere riassunte in pedagogia della comunicazione, terapia del linguaggio, terapia psicomotoria, terapia psicologica e farmacoterapia.
Per i balbuzienti precoci non è necessario alcun trattamento specifico, solo una pedagogia non intrusiva della comunicazione, in quanto frequentemente il disturbo è transitorio. Nella balbuzie cronicizzata si può fare ricorso alla terapia psicomotoria. Nella balbuzie ad insorgenza tardiva alla terapia psicologica si può associare la farmacoterapia mirata nel bilancio tra sintomi più neurologici e sintomi più psicopatologici.
Studi sull’interazione genitore – bambino hanno confermato anche l’importanza di un counseling ai genitori che possa, se necessario, modificare il loro stile comunicativo.
Tutti questi interventi hanno un punto in comune che, in casi di interventi multipli, deve diventare un’area di convergenza ragionata.
Definiamo questa area comune, rispetto a cui far convergere gli interventi. Il bambino con balbuzie ha sempre un problema nella presa di coscienza dell’attività verbale. Questo problema si manifesta in maniera diversa (ma funzionalmente simile) nelle balbuzie precoci, nelle balbuzie cronicizzate e nelle balbuzie ad esordio tardivo. In tutte e tre le situazioni cliniche il disturbo nella presa di coscienza si sviluppa anche come un discontrollo automatico – volontario della produzione verbale. Rispetto a queste premesse, gli interventi utili debbono sempre affrontare correttamente le due facce del problema, senza curare un aspetto aggravando l’altro aspetto. E’ necessario che il bambino con balbuzie recuperi il massimo controllo nel significato di quello che vuole dire e non si concentri invece sulla successione fonologica e sulla fluenza delle parole. E’ necessario che il bambino con balbuzie metta il controllo volontario sulla propria produzione verbale soltanto quando intende marcare gli aspetti tonali, prosodici ed espressivi, per rendere meglio il portato affettivo della sua comunicazione.
In una frase sintetica: 1) il bambino con balbuzie deve imparare a giocare con le proprie parole immaginando bene quello che vuole dire, misurandolo rispetto ai propri stati d’animo, come un attore che prova la stessa espressione verbale, in base a contenuti emozionali variabili; 2) il bambino con balbuzie non deve cadere nella trappola di una comunicazione conflittuale, dove l’attenzione si concentra tutta sul controllo delle sillabe e sul nascondimento dell’ intenzione verbale ( che diventa sempre più triste).
Un vecchio saggio diceva che i figli dei genitori sordi non diventano mai balbuzienti. Forse è anche vero che tutti gli altri genitori dovrebbero imparare ad ascoltare in silenzio le intenzioni comunicative dei loro figli, senza invaderle. Ascoltare e far parlare è anche un momento chiave delle terapie che si propongono ai bambini con balbuzie, che debbono percepire la libertà dei processi che trasformano il pensiero in parola. Immaginare questi processi può essere una fase della presa di coscienza dell’attività verbale.